enricoeginevra@gmail.com
(de)    +49 178.83.40.005
(it)      +39 349.86.77.672

igfb

All’arme

La parola allarme trova la sua origine nell’espressione italiana “all’arme!”, che significa “alle armi!” o “alle armi!”. - un grido di allarme storicamente utilizzato per incitare alla prontezza e alla difesa di fronte a un pericolo imminente, come un attacco o un’invasione. “Arme” è la forma arcaica di ‘armi’, che si riferisce agli strumenti di difesa o di offesa.

Questa etimologia rivela che il concetto di allarme è profondamente legato all’atto di prepararsi alla battaglia, di essere sempre vigili e pronti a difendersi o a rispondere a una minaccia. Nel corso del tempo, tuttavia, il significato di “allarme” si è evoluto al di là delle sue radici marziali per includere avvertimenti di pericolo in senso più ampio, estendendosi a varie situazioni di emergenza.

Tuttavia, se l’allarme spinge a difendersi, solleva anche delle domande: Quando la difesa diventa aggressione? Come possiamo bilanciare il bisogno di protezione con il rischio di diventare noi stessi una minaccia?

In questo lavoro coreografico per sei danzatori, Panzetti / Ticconi intraprendono un viaggio che parte dal potenziale ritmico del passo umano, esplorando il potere persuasivo del movimento sincronizzato e collettivo. Traendo ispirazione dal vocabolario coreografico militare, si addentrano nella tensione tra agenzia individuale e forza collettiva, mettendo in discussione la linea sottile tra la difesa necessaria e la possibilità di diventare ciò che temiamo.

Choreography – Panzetti / Ticconi; Dancers – Martina Tomić, Ida Jolić/Ema Crnić, Viktoria Bubalo, Marta Krešić, Filipa Bavčević, Nastasja Štefanić-Kralj; Music – Hrvoje Nikšić ; Light – Tomislav Maglečić; Costumes – Tina Spahija; Producer Ivan Mrdjen; Public relation – Ivana Sansević ; Visuals – Tihomir Filipec; Photo – Nina Đurđević; Produced by – Studio za suvremeni ples (SSP) – Studio Contemporary Dance Company; Financial support by – Republic of Croatia Ministry of Culture and Media, City of Zagreb, Zaklada Kultura nova, Instituto Italiano di Cultura di Zagabria; Coproduced in collaboration with the Pan – Adria network (ArtistiAssociati – Centro di Produzione teatrale, Gorizia; Zavod En–Knap, Ljubljana; Hrvatski kulturni dom na Sušaku, Rijeka; Zavod Flota, Murska Sobota via Ljubljana; Zagrebački plesni centar, Zagreb; Slovensko narodno gledališče Nova Gorica, Nova Gorica; Mediteranski plesni centar Svetvinčenat, Svetvinčenat); Supported by – Lavanderia a Vapore/ Fondazione Piemonte dal Vivo, in the frame of the residency program Lavanderia a Vapore, Collegno (TO), Kulturni centar Travno; Thanks – Zadarski Plesni Ansambl  

Cry Violet

CRY VIOLET, titolo omonimo del fiore estinto, è una creazione coreografica di e con Panzetti / Ticconi che si disegna su una composizione sonora concepita e proposta da Teho Teardo.
Utilizzando un codice gestuale che ritrae espressioni di dolore e vergogna ispirate all’iconografia del peccato originale, viene messo in luce l’espediente umano di espiare il proprio senso di colpa attraverso pratiche che tentano di recuperare l’avvenuto danno ambientale o, in altro modo, di celarlo. Diffusi fenomeni come quello del greenwashing, rappresentano invero, pratiche ingannevoli che eludono una reale soluzione ai danni che l'azione umana ha provocato sull’ambiente
Le azioni, come quella del pulire, si fondono al pianto. In questo contesto, un oggetto comune come un panno o un fazzoletto trasforma la sua funzione da strumento di pulizia a elemento che accoglie il dolore, assorbe le lacrime. Ricordando il reiterato e fallace gesto di Lady Macbeth nel perpetuo tentativo di cancellare dalle mani il segno della colpa, le due figure ricalcano la meccanicità espiatoria del pulire e occultare.
E’ in questo limbo tra tentativo reale o di facciata di recuperare al danno provocato che Cry Violet prende forma, in una mutevole complicità tra l’estetizzazione di una colpa e l’atto di risolverla o celarla, fino a trasformare essa stessa in materia accattivante, ammiccante, pubblicitaria.

choreography, performance, costumes – Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; sound composition – Teho Teardo; graphic illustration – Ginevra Panzetti; originally created in the frame of – Esplorazioni a project by Triennale Milano in collaboration with Volvo Car Italia; with the support of – Lavanderia a Vapore / Piemonte dal Vivo – Torino (it); Rampe – Stuttgart (de) 

Insel

L’impatto fisico del naufrago su un’isola deserta e la caduta nel profondo della propria interiorità, sono in INSEL collisioni equivalenti.
INSEL, in italiano ISOLA è una creazione coreografica e sonora per 4 performer, che sceglie una condizione geografica come riferimento simbolico per volgere lo sguardo all’individuo e l’inevitabile incontro con la propria ombra.
Due figure, sorvegliate dalle loro ombre, trovano nel monologo l’unico canale espressivo. Compiaciute dai loro stessi toni sofferenti non contemplano la presenza dell’altro. Precipitano nell’oscuro del proprio essere, inscenando il dramma del proprio narcisismo.
Le ombre si estendono come oscurità maestosa e voce, una voce antica, profonda, che con vibrazioni telluriche dissestanti scardina ogni tipo di protagonismo egoico e lascia spazio, tra il terreno sformato e scosso, al possibile emergere di una comunità. Il lamento, da solitaria narcisistica espressione del singolo, si struttura in cadenzati gesti collettivi. Le prefiche conducono il rituale, mentre la voce dell’isola accompagna e lenisce.
La voce, di Gavino Murgia, si ispira alla tradizionale tecnica del Cantu a Tenore originaria dell’isola di Sardegna.

choreography, visual conception, voices: Panzetti / Ticconi; performers: Sissj Bassani, Efthimios Moschopoulos, Aleksandra Petrushevska, Julia Plawgo; music composition: Demetrio Castellucci; Music and voice Gavino Murgia; light design: Annegret Schalke; costume design: Werkstattkollektiv; Headwears, stage object, graphic: Ginevra Panzetti; text fragments from: The Tempest by W. Shakespeare, The Book of Disquiet by F. Pessoa, Notes from Underground by F. Dostoevsky; psychoanalytic theoretical insight: Daniela Frau; technical direction on tour: Michele Piazzi, Annegret Schalke; manager, distribution: Aurélie Martin; Italian administration: Federica Giuliano (VAN); German production management: Sofia Fantuzzi; logistics: Eleonora Cavallo (VAN – Panzetti/Ticconi GbR); production: Panzetti / Ticconi GbR (DE) – Associazione Culturale VAN (IT)

funded by: Berlin Senate Department for Culture and Europe (DE)

co-production: Tanz im August / HAU Hebbel am Ufer (DE) // JUMP network (formed by Oriente Occidente, Festival MILANoLTRE, I Teatri di Reggio Emilia, Lavanderia a Vapore/Piemonte dal Vivo, Marche Teatro/Inteatro Festival, Orbita, Scenario Pubblico / Centro di Rilevante Interesse Nazionale, Teatro Comunale di Vicenza, Teatro Stabile dell’Umbria) (IT) // Torinodanza Festival / Teatro Stabile Torino – Teatro Nazionale (IT) // Julidans Amsterdam (NL) // Pact Zollverein (DE) // Le Manège, scène-nationale – Reims (FR) // Le Pacifique – CDCN Grenoble Auvergne Rhône-Alpes (FR) // network Les Petites Scènes Ouvertes with the sponsorship of Caisse des dépôts (FR) // Centre Chorégraphique National de Nantes within the framework of Accueil Studio (FR) // CCNR / YUVAL PICK within the framework of Accueil Studio (FR) // Fuori Margine Centro di Produzione di Danza e Arti Performative della Sardegna (IT) 

artistic residency program: Centre Chorégraphique National de Nantes (FR) // Lavanderia a Vapore/Piemonte dal Vivo (IT) // Kinosaki International Arts Center (Toyooka city) (JP) // TEN Teatro Eliseo Nuoro (IT) // Le Pacifique – CDCN Grenoble Auvergne Rhône-Alpes (FR) in partnership with CCNR / YUVAL PICK (FR) // Oriente Occidente (IT) //Chorège – CDCN Falaise Normandie (FR) // Scenario Pubblico / Centro di Rilevante Interesse Nazionale (IT) // Le Manège, scène-nationale – Reims (FR) 

Silver Veiled

Silver Veiled è un lavoro video che parte dal materiale di ricerca elaborato nel dittico coreografico AeReA | ARA! ARA!. In dialogo con l’architettura, è centrale l’uso dell’oggetto bandiera per il disegno di una partitura di svelamenti, che evoca una stretta quanto antica fratellanza tra due oggetti tessili, bandiera e sudario. I drappi si presentano in un grigio argenteo, ripuliti da simboli e stemmi sino a raggiungere la loro essenza plastica, un punto zero privo di connotazioni in cui tutto può emergere, cominciare o sparire.

Liberandosi dal drappo, lo stemma rimane saldo all’oggetto bandiera prendendo forma di impugnatura e marchio allo stesso tempo, in memoria di antichi timbri, che impressi sulla ceralacca sigillavano un messaggio.
A definire il simbolo, non sono maestosi quanto temibili predatori come l'aquila o il leone, animali spesso utilizzati come simboli araldici di potenza, ma un becco di pappagallo, un volatile che ha la caratteristica di imitare e ripetere frasi e parole, ignorandone contenuti ed effetti.

direction, performance: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; assistant directors: Iaria Di Carlo; sound design: Sergio Salomone, cinematography, video editing: Ettore Spezza; objects conception, costumes: Sergio Salomone, Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; audio mastering: Max Costa; distribution: Kante Film; production: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi, Associazione Culturale VAN; originally commissioned by: Dublin Dance Festival; with the support of: Anticorpi–Rete di festival, rassegne e residenze dell’Emilia-Romagna all’interno dell’azione supportER; Lavanderia a Vapore, centro di residenza per la danza; thanks to: OGR–Officine Grandi Riparazioni di Torino; Torinodanza Festival / Teatro Stabile di Torino–Teatro Nazionale; Comune di Collegno

Ara! Ara!

Come scivolate giù da drappi di bandiere in moto costante, simbologie araldiche prendono peso e forma. Esseri chimerici e figure oniriche appaiono come sfogliando un armoriale o bestiario medievale. Sembrano raccontarci storie di conflitti che hanno avuto luogo nel perimetro ben definito di un emblematico campo di battaglia. In tempi antichi, i segni grafici e gli accostamenti di colore sulle armature nascevano per l’esigenza bellica di identificare le diverse fazioni durante gli scontri. Ebbero origine così gli stemmi, un sistema di segni, figure e colori, organizzati all’interno di una sagoma, spesso a forma di scudo. Servivano a comunicare, seguendo un preciso alfabeto segnico, l’identità di un individuo, di una famiglia o di un’intera comunità. Emblemi che sotto forma di colori vivaci e animali fantastici sottendono tensioni politiche, espressioni di appartenenza, affermazione e potere.

Ara! Ara! è la definizione di un simbolo. il simbolo di un potere in ascesa che sceglie un volatile per rappresentare se stesso. Non un maestoso quanto temibile rapace come l'aquila, animale spesso utilizzato come simbolo araldico di potenza. Al contrario un volatile a cui riconosciamo un carattere allegro e brioso diventando, secondo uno sguardo popolare occidentale, un’icona esotica: il pappagallo Ara. Nel circo è stato introdotto per le sue capacità acrobatiche che, insieme ai colori vivaci del piumaggio e alla capacità di ripetere suoni e parole per imitazione, ne hanno fatto un perfetto animale da intrattenimento in cattività. Ara! Ara! rappresenta un potere seducente per il suo aspetto innocuo e festoso che come il volatile, imita e ripete, riportando modelli del passato, ignorando contenuti ed effetti.

Seconda parte di un dittico iniziato con AeReA, Ara! Ara! continua a indagare il potere simbolico della bandiera, attingendo alla tradizione folcloristica dello sbandieramento. Presente in entrambi i titoli, la parola Ara lascia emergere un secondo significato che allude all'antico luogo deputato al sacrificio, qui inteso come meccanismo generatore di morte, inflitta in dono a chi veniva riconosciuto il potere più alto.

choreography, performance, visual conception: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; sound design, composition: Demetrio Castellucci; snare, percussions, recording: Michele Scotti; light design: Annegret Schalke; set design realization: Laila Rosato; flag design: Ginevra Panzetti; costume realization: Julia Didier; flag-waving coach: Carlo Lobina / Flag-wavers of Arezzo; technical care: Paolo Tizianel; touring/distribution: Aurélie Martin; italian production management: VAN (Federica Giuliano, Eleonora Cavallo); german production management: Monica Ferrari; production: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; Associazione Culturale VAN; funded by: Hauptstadtkulturfonds (German Cultural Capital Fund); supported by: the Fondation d’entreprise Hermès within the framework of the New Settings Program; co-produced by: PACT Zollverein, La Briqueterie CDCN du Val-de-Marne; within the framework of accueil-studio funded by: Ministry of culture / DRAC IDF, KLAP Maison pour la Danse (Residency 2021), Théâtre de Vanves / Scène conventionnée d’intérêt national «Art et création» pour la danse et les écritures contemporaines à travers les arts, Triennale Milano Teatro; supported through: Programme Etape Danse; sustained by: Institut français d’Allemagne–Bureau du Théâtre et de la Danse; in partnership with: Maison CDCN Uzès Gard Occitanie, théâtre de Nîmes-scène conventionnée d’intérêt national–Art et Création–danse contemporaine, Fabrik Potsdam; with the help of: DGCA–ministère de la Culture et de la Communication, and the city of Potsdam, Mosaico Danza / Interplay Festival of Turin; in partnership with: Lavanderia a Vapore of Collegno, Radialstiftung; artistic residency program: NAOcrea–Ariella Vidach AiEP, Teatro Félix Guattari–Masque Teatro, CSC Bassano del Grappa, PACT Zollverein, Armunia, Schaubühne Lindenfels, Sosta Palmizi; thanks to: Teatro Comandini–Societas, Anghiari Dance Hub; Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi are supported by: DIEHL+RITTER/TANZPAKT RECONNECT; which is funded by: Federal Government Commissioner for Culture and the Media as part of the NEUSTART KULTUR initiative

Ara! Ara!

Marmo

Di fronte ai primi lavori di Lucinda Childs la nostra attenzione è catturata dall’essenzialità con cui i corpi costituiscono una spazio tridimensionale e concreto, che sembra rispondere ai principi dell'architettura e della geometria solida. Lo sguardo è rapito da una brillante solidità, come la consistenza e le qualità minerali della roccia marmorea. Una pietra che per la sua speciale composizione e luminosità è stata ritenuta la materia scultorea per eccellenza, dando forma e colore a quell’idea di classico che ha preso forma durante il rinascimento. 

Il disegno spaziale e ritmico di Lucinda Childs richiama lo spazio articolato e simbolico di una cava di marmo, un luogo in cui l’impronta umana infonde rigorose e indelebili geometrie alla spontanea morfologia del paesaggio naturale. In risposta ai Works in Silence della coreografa statunitense, MARMO indaga la miniera come luogo di una comunità impegnata in un progetto di misurazione. E’ un percorso che, dalla miniera, segue la trasformazione della pietra dalla fase iniziale d’estrazione, fino al laboratorio scultoreo dove viene modellata e scolpita. Una linea evolutiva che vede la trasformazione della materia grezza fino alla definizione plastica di una forma ideale.

In MARMO le figure sono operaie e architette assolute dello spazio, ne decidono proporzioni, misura, luce. Impartiscono, ma allo stesso tempo assimilano regole e condizioni, diventando loro stesse materia plasmabile, scultura. Questo lavoro viene eseguito all’interno della serata “Dancing Replies” con i tre primi lavori di Lucinda Childs, ma può essere presentato anche singolarmente.

choreography: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; with: Anna Herrmann, Emma Lewis, Gesine Moog, Omagbitse Omagbemi, Lia Witjes-Poole; light design: Annegret Schalke; sound design: Demetrio Castellucci; costume design: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi, Werkstattkollektiv; technical direction: Annegret Schalke; sound: Mattef Kuhlmey; production assistant: Pauline Stöhr; production: Dance On / DIEHL+RITTER; co-production: Kampnagel (Hamburg); with the support of: Lavanderia a Vapore, Centro di residenza per la danza; supported by: NATIONALES PERFORMANCE NETZ Coproduction Fund for Dance; which is funded by: Federal Government Commissioner for Culture and the Media.

Juliet Juliet Juliet

Ispirato alla coppia di amanti Romeo e Giulietta, Juliet Juliet Juliet mantiene e moltiplica solo una delle due figure desideranti. Lo scambio è sospeso, l’amante è immateriale, metafisico e il desiderio, non prendendo luogo nell’altro, si cristallizza in pura rappresentazione. 

La direzione del pathos diventa astratta traiettoria unidirezionale, una linea di percorrenza in cui le figure coesistono in un individuale isolamento. La mancanza diventa vezzo espressivo che orna e abita le dimore del narciso. Giulietta collassa in se stessa, unica e clone. Il gesto lirico, ispirato alla tensione plastica dei cantanti d’opera necessaria a lasciare spazio e intensità alla voce, ha guidato la ricerca coreografica e la composizione musicale.

choreography: Ginevra Panzetti & Enrico Ticconi; sound: Sergio Salomone; dancers: MM Contemporary Dance Company (5 dancers) production: MM Contemporary Dance Company; with the support of:  Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Regione Emilia-Romagna; Fondazione Nazionale della Danza / Aterballetto; ASD Progetto Danza, Reggio Emilia; a project born within: azione Prove d’autore XL, promoted by Network Anticorpi XL and coordinated by Associazione Cantieri

AeReA

AeReA è la prima parte di un dittico che si articola attorno ad un oggetto sin dal principio impiegato per manifestare appartenenza e separazione, marcando il distinguo tra un ipotetico noi da loro. La bandiera. In costante prossimità, come facenti parte di un’unica anatomia, umani e bandiere compaiono da un fitto buio, lasciando solo a loro la possibilità di manifestarsi in immagini. Le bandiere di un grigio argenteo, si presentano ripulite da stemmi, simboli, sino a raggiungere la loro essenza plastica. Un punto zero privo di connotazioni in cui tutto può emergere, cominciare o sparire. Come appartenenti ad un passato prossimo o remoto, figure fantasmatiche prendono corpo in una partitura di svelamenti, evocando una stretta quanto antica fratellanza tra due oggetti tessili, bandiera e sudario.

Il titolo fa riferimento a due parole che graficamente sovrapponibili possono emergere da un unico vocabolo: Ara—AeReA. La prima allude al luogo, che nell’antichità veniva deputato al sacrificio, qui inteso come meccanismo generatore di morte, inflitta in dono a chi veniva riconosciuto il potere più alto. La seconda indica la qualità fisica dell’oggetto bandiera che si dichiara, nella sua maggior espressione di potere una volta che si estende, librandosi in aria.

by and with: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; sound: Demetrio Castellucci; light: Annegret Schalke; costumes: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; flag waving coach: Carlo Lobina / Flag-wavers association of Arezzo; technical care: Paolo Tizianel; touring, promotion: Aurélie Martin; production management: VAN; video documentation: Ettore Spezza; realized through the support of: Premio Hermès Danza Triennale Milano

Harleking

Harleking è un demone dall’identità ambigua e multipla. Ricorda l’Arlecchino della Commedia dell’arte, un servo furbo mosso dalle inclinazioni più animali e un’inappagabile fame. Il linguaggio di Harleking ha una specifica qualità ipnotica in cui i contenuti, spesso estremi ed opposti, si fondono in un sistema metamorfico fluido in cui tutto può accadere, ma che tutto confonde. Affiora il ricordo di un’antica decorazione muraria, la Grottesca, in cui figure mostruose emergono e si confondono tra eleganti volute ornamentali. Figure grottesche, capaci di muovere il riso pur senza rallegrare.

Il lavoro ha debuttato nel 2018 al Tanzfabrik Berlin all'interno del festival Open Spaces ed è stato presentato in numerosi festival europei. Nel 2019 è stato selezionato dalla piattaforma europea Aerowaves per il festival Spring Forward e dalla New Italian Dance (NID) Platform. Nel 2020 è invitato alla Tanzplattform Deutschland a Monaco.

by and with: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; sound design: Demetrio Castellucci; light design: Annegret Schalke; costume: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; technical care: Paolo Tizianel; illustrations and graphic: Ginevra Panzetti; with the support of: VAN, Tanzfabrik Berlin, PACT Zollverein, NAOcrea-Ariella Vidach-AiEP, KommTanz-Compagnia Abbondanza/Bertoni, L’arboreto-Teatro Dimora di Mondaino, AtelierSì, C.L.A.P.Spettacolodalvivo; further supports: Cronopios-Teatro Petrella, Vera Stasi-Progetti per la Scena, Network Anticorpi XL

Harleking

Le Jardin

I giardini sono spesso considerati luoghi ideali, simboli del piacere e del diletto, connessione armoniosa tra uomo e natura. Nel progettarli, il nostro desiderio di dare forma ad un mondo di ideale rigoglio e bellezza, benessere e serenità, culmina in un'eco nostalgica che richiama il Giardino dell'Eden. In egual modo i giardini sono espressione di un’assoluta forza antropocentrica che plasma la natura secondo un modello che le è completamente estraneo.

In Le Jardin due figure vagano in un paesaggio immaginario costantemente trasformato dai loro gesti. Esaminano e plasmano l'intorno imbarcandosi in una prova di forza tra loro e ciò che li circonda. Questo lavoro è stato presentato anche in formato ridotto dal titolo Jart, e come performance site-specific per spazi museali. In Marzo 2019 la performance Jardin / Arsenale ha vinto il 13th Arte Laguna Prize.

choreography, performance, costume: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; sound design: Demetrio Castellucci; stage & light: Vìctor Fernàndez De Tejada Pequeño; technical direction: Paolo Tizianel; dramaturgy: Thomas Schaupp; photo still: Sandro Moscogiuri; video production: Ilaria Di Carlo;  funded by: Early-Career funding of the Berlin Senate Chancellery – Cultural Affairs; with the support of: Tanzfabrik Berlin, PACT Zollverein, Teatro Comandini/Osservatorio, Inter-University Centre for Dance (HZT) Berlin, Associazione culturale VAN

Empatia. Otto capricci enfatici

Empatia. Otto capricci enfatici. Il video è composto da otto inquadrature fisse di paesaggi urbani. Il materiale di studio dal quale è stato sviluppato il lavoro è una raccolta di documentazioni di eventi tragici, come video, fotografie di guerra e antiche rappresentazioni, reperite dal web. I termini di selezione dei materiali non sono stati determinati dai contenuti bensì dalla chiarezza compositiva e dalla leggibilità formale del gesto violento, attraverso una osservazione distaccata dell’evento che facilitasse una riproduzione mimetica delle azioni. Il distacco psicologico e patetico dall’evento documentato, l’impalpabilità del contenuto è il principale oggetto di analisi.

Il titolo empatia si riferisce alla negazione del suo significato, all’assottigliarsi della qualità di percezione dello stato emotivo altrui, come conseguenza di una osservazione reiterata e passiva dell’evento tragico offerta dalla comunicazione mass-mediatica. Importante riferimento del lavoro è la serie di acqueforti di Goya pubblicate postume con il nome “I Disastri della Guerra”, ma originariamente intitolata da lui stesso “Fatali conseguenze della sanguinosa guerra spagnola contro Bonaparte. E altri capricci enfatici.”. Il capriccio è uno stile pittorico che, raggiunto il suo maggior sviluppo durante il romanticismo, aveva come caratteristica quella di rappresentare paesaggi particolarmente fantasiosi e dal carattere assurdo. Facendosi cronista dell’epoca egli rappresenta le atrocità provocate dall’invasione napoleonica in Spagna dal 1808 al 1814. Le azioni performative inserite nei quadri urbani sono liberamente ispirate ai materiali raccolti, studiati in una prima fase mimeticamente.

Megafoni

I due oggetti gemelli emettono simultaneamente due differenti tracce sonore. Ogni traccia consiste nella reiterazione di un breve frammento registrato di pianto. Sono delle sculture sonore che evocano la primigenia forma di divulgazione presentandosi come feticci decorativi. Il volume del pianto che emettono rimane basso così da richiedere all’osservatore una vicinanza maggiore, un ascolto intimo ed individuale. L'espressione emotiva del pianto viene continuamente spezzata dal suo ricominciare, sottraendo ad essa il significato tragico da cui ha origine.

Una delle più antiche tecniche di amplificazione del suono risale all'uso di oggetti a forma di tronco di cono: questa forma permette di sfruttare il principio fisico in grado di alterare la propagazione delle onde sonore, modificandone percettibilmente il volume. Originariamente sembra si utilizzassero conchiglie forate, in seguito più elaborati oggetti artigianali ma indipendentemente dal livello che la tecnica raggiunse, il principio che mosse a farne uso è il medesimo: amplificare la voce per estendere un messaggio ad aree più ampie, a gruppi di persone più numerosi. Grazie agli attuali mezzi di comunicazione il messaggio non ha più limiti di espansione geografica e si scinde dall'esperienza di fruizione di gruppo raggiungendo il luogo intimo della comunicazione individuale. L'estrema amplificazione del messaggio non risiede più nel volume quanto nella reiterazione massificata della sua fruizione.

Empatia

Empatia è un lavoro performativo basato sugli usi e consumi d’immagini nella comunicazione massmediatica contemporanea. La ricerca si focalizza sulla diffusione di eventi tragici e violenti.

Il materiale di studio dal quale è stato sviluppato il lavoro è una raccolta di documentazioni di eventi tragici, come video, fotografie di guerra e antiche rappresentazioni, reperite dal web. I termini di selezione dei materiali non sono stati determinati dai contenuti bensì dalla chiarezza compositiva e dalla leggibilità formale del gesto violento, attraverso una osservazione distaccata dell’evento che facilitasse una riproduzione mimetica delle azioni. Il distacco psicologico dall’evento documentato, l’impalpabilità del contenuto è il principale oggetto di analisi.

concept and choreography: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; performers: Asaf Aharonson, Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; mentor: Sandra Noeth; technical support: Vincent Lemoine; lights: Maximilian Stelzl; with the support of: HZT – Berlin and Het Veem Theatre – Amsterdam

Sala del Mappamondo

La sala del mappamondo, ricorrente in molti palazzi nobiliari e storici, è la stanza adibita alla raccolta ed esposizione di mappe geografiche e planisferi. Ospita generalmente una biblioteca o funge da luogo di rappresentanza accogliendo riunioni e consigli ufficiali. Fonte d’ispirazione più importante per questo lavoro è la Sala del Mappamondo del Palazzo Farnese di Caprarola le cui rappresentazioni geografiche sono state affrescate intorno al 1574 da Giovanni Antonio da Varese. La raccolta di mappe geografiche e stellari affrescate nel Palazzo rappresenta tutto il mondo fino allora conosciuto in Europa e celebra con la magniloquenza delle decorazioni in stucco e a grottesche le conoscenze scientifiche acquisite nel XVI secolo.

Le Mappe Ornamento
L'installazione è composta da quattro mappe: una è realizzata in terra e si estende per tutto il suolo della stanza; due sono stampate su carta lucida; un’altra è rappresentata in un video di sette ore che ne documenta la realizzazione.

Le matrici delle mappe sono estratti di piante topografiche di alcune città italiane, precisamente l’area che conserva e rivela nell’attuale urbanistica, il primo stadio di occupazione e colonizzazione del territorio, il castrum militare. Tale assetto urbanistico, sul modello greco Ippodameo, rappresenta la traccia di un efficace metodo di ordinamento territoriale che affinerà, nella cultura coloniale romana, una rigorosa scienza di occupazione ed espansione territoriale. La matrice, la mappa topografica, viene ripetuta e ricomposta simmetricamente secondo uno schema che ne fissa le condizioni di un potenziale uso ornamentale. Non più attinente alla funzionalità della rappresentazione scientifica, esatta e verosimile la raccolta delle mappe-ornamento non descrive lo spazio geografico reale ed esistente, ma riproduce ossessivamente la struttura formale di impianti urbani che si estendono nello spazio come progetto di trasformazione, espansione spaziale, stendardi di conquista.

choreography: Ginevra Panzetti/Enrico Ticconi; photography: Sergio Salomone; with the support of  Hochschulübergreifendes Zentrum Tanz Berlin and Hochschule für Grafik und Buchkunst / Leipzig

Actio

Tratto dall’ “Institutio Oratoria” di Quintiliano, Libro XI, Capitolo III “De pronuntiatione”. Nell’“Institutio Oratoria” Quintiliano definisce il percorso formativo del perfetto oratore dall’età infantile a quella adulta. Nel terzo capitolo del libro XI sono elencati e riassunti enciclopedicamente i gesti che l’oratore impara nella quinta fase del processo compositivo del discorso: l’actio, l’azione oratoria definita da Aristotele “una sorta di eloquenza del corpo”. L’actio, o declamazione, è legata alle altre fasi compositive da una logica di assoluta coerenza che rappresenta la prima prerogativa per l’utilizzo virtuoso del linguaggio e per lo scopo persuasivo.

Actio e' un lavoro che ha due forme visive: un video e una serie di 10 tavole. Entrambi, attenendosi alla struttura del trattato, sono composti da 10 capitoli che seguono fedelmente l'elenco dei gesti stilato da Quintiliano.

by and with: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; photography: Sergio Salomone

Cardine

La mappa è tratta da diversi esempi urbanistici d’impianto romano che, come tali, si sviluppano dal modello ortogonale teorizzato e sistematizzato da Ippodamo da Mileto, assunto successivamente come principio fondante di disposizione spaziale e ordinamento sociale nell’evoluzione dei successivi modelli urbanistici.

La rielaborazione grafica della mappa utilizza l’impianto urbanistico come pattern che ripetuto e composto simmetricamente trasforma la mappa in un nuovo impianto ornamentale. Esso determina e definisce un sistema di lettura che le due figure utilizzano come partitura di movimento per l’interpretazioni di gesti retorici precedentemente selezionati e tratti dall’ "Institutio Oratoria” di Quintiliano e l’orazione funebre di Marco Antonio interpretata da Marlon Brando nel Giulio Cesare di Joseph L. Mankiewicz. La durata di ogni gesto è data dalla resistenza fisica all’immobilità e alla ripetizione.

choreography: Ginevra Panzetti/Enrico Ticconi; map’s graphic and documentation: Sergio Salomone

Paesaggi con figure

Tredici immagini fotografiche rappresentanti paesaggi naturali d’ispirazione romantica sono proiettate su uno schermo visibile dall’interno e dall’esterno dello spazio attraverso una cornice opaca su vetro. Al susseguirsi dei paesaggi è costantemente sovrapposta una griglia numerata. Tra la proiezione e lo schermo le due figure si inseriscono nel quadro eseguendo una serie di gesti liberamente ispirati ad un archivio di gestualità retoriche. L’inserimento prevede un tempo di assestamento che permette di stabilire le esatte coincidenze tra l’ombra e la griglia. Il compito è quello di allontanarsi fisicamente dall’immagine cercando di mantenere invariate le proporzioni nel rapporto tra ombra e griglia o trasformare il gesto retorico secondo la struttura ortogonale della griglia stessa.

Il suolo dello spazio espositivo è ripartito da zone rettangolari di terra, predisposte ortogonalmente in linee parallele ad un “cardine” maggiore non ortogonale rispetto alla pianta architettonica del luogo. La ripartizione del suolo delimita le possibilità di spostamento, localizzando lo spazio performativo e quello di fruizione.

by and with: Ginevra Panzetti & Enrico Ticconi

Die Wanderer

Die Wanderer è una serie video realizzata durante un viaggio di dieci giorni da Lipsia a Tivoli. Il percorso è stato definito dalla raccolta di esempi paesaggistici della pittura romantica che, in dieci tappe, tocca alcune delle aree geografiche più importanti per lo sviluppo dell’iconografia romantica. Partendo dalla bassa Sassonia, passando per le alpi tirolesi, fino ad arrivare alle campagne romane, abbiamo calcato un percorso che richiama il carattere tipico del viaggiatore del grand tour romantico. A determinare una discrepanza con tale iconografia è il carattere di immissione che le figure dei viandanti esercitano sulla veduta.

Lontani dal sentimento di meraviglia e coinvolgimento spirituale con il quale la figura umana è inscritta nel paesaggio naturale romantico, i nostri viandanti si inseriscono formalmente nella "cornice" con fare dispotico. Con atteggiamento proprio al turista collezionano panorami, inserendosi con sicurezza ottusa nel quadro.

by and with: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; photography: Sergio Salomone

Lend me your ears!

Il lavoro coreografico è stato preceduto da una raccolta di materiali visivi incentrati sulla figura dell’oratore. Successivamente le immagini sono state lavorate attraverso un sistema di assemblaggio e riproduzione mimetico. Il gesto autoritario ed eloquente proprio dell’oratore si trasforma in pattern gestuale che ne compromette lo scopo comunicativo. I due personaggi, doppi declamatori del messaggio solitamente univoco dell’oratore, adottano una strategia comunicativa che, per eccesso espressivo, incongruenze e giustapposizione di messaggi multipli, si concentra esclusivamente sul virtuosismo gestuale dell’enunciazione per annichilire totalmente il messaggio. Della logica comunicativa, dunque, persiste solo un’ostentazione della forma come tecnica persuasiva oggettivata in un ‘composto disordine’.

Tratto da:
"Institutio Oratoria" di Quintiliano;
"Orazione funebre di Marco Antonio" interpretato da Marlon Brando in Julius Caesar di Joseph L. Mankiewicz;
"Orazione di Henkel" interpretato da Charlie Chaplin in Il grande dittatore;
Marce militari da US Army Drill Team e North Korean Army.

choreography, stage and costumes: Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi; assistant: Sergio Salomone; thanks: Nik Haffner, Tian Rotteveel, Oronzo Villani

Vienna—Budapest

Vienna—Budapest è una serie di interventi performativi sviluppati lungo un viaggio in bicicletta che collega le due capitali. Petronell Schloss e Megálló busz sono lavori video che documentano due degli interventi performativi.

In Petronell Schloss i due visitatori esplorano il castello abbandonato seguendo il percorso determinato dall'impianto architettonico. Il passo aderisce alla planimetria con rigore. L'occupazione dello spazio dura il tempo di percorrimento della pianta dell'edificio, diventando piuttosto l'esecuzione di un passaggio.

In Megálló busz le due figure occupano alcune fermate degli autobus incontrate lungo un tragitto che collega Szolohehgy e A'cs due località nel nord dell'Ungheria. L'occupazione privilegia la composizione formale eludendo alcuna possibile relazione funzionale con il luogo. I corpi si inseriscono come ornamenti -o oggetti d'arredo.

Area

Area è la loro prima creazione coreografica e nasce durante la frequentazione della Stòa, scuola di movimento ritmico e filosofia diretta da Claudia Castellucci (Socìetas Raffaello Sanzio). Il lavoro è basato su una raccolta di documenti video che descrivono percorsi urbani o posizioni d’attesa di persone incontrate casualmente in alcune città tra Roma e Cesena. La riproduzione mimetica delle gestualità e dei percorsi è assemblata secondo un sistema performativo generato dall’incidenza di una griglia, le cui unità 7 × 5 hanno la dimensione di un passo, e la traccia di un percorso di un giovane al telefono documentato in una piazza di Roma.

tratto da:
Anziane in attesa; giovani in panchina; percorso al telefono; adolescente con piccioni; turista energica; signora in piazza San Pietro; mendicante; passante con bastone

Ginevra Panzetti / Enrico Ticconi are supported by DIEHL+RITTER/TANZPAKT RECONNECT which is funded by the Federal Government Commissioner for Culture and the Media as part of the NEUSTART KULTUR initiative